Livelli abitativi

Se si esclude la parte più interna della cavità, dove è conservata una paleosuperficie una tana di iene del Pleistocene, tutti gli strati archeologici hanno restituito testimonianze riferibili all’Uomo di Neandertal, che frequentò ripetutamente il sito all’incirca tra 90mila e 45mila anni fa, ai primi Uomini moderni a partire da 42mila anni fa fino all’abbandono dell’abitato avvenuto attorno a 30mila anni. Le ultime evidenze della frequentazione sono rappresentate dai resti di un focolare all’entrata della galleria principale e da alcuni manufatti in selce.

Livelli abitativi aurignaziani

Di grande interesse sono i livelli aurignaziani, per la ricchezza di resti e la presenza di strutture legate all’attività degli Uomini Anatomicamente Moderni. Probabilmente l’area abitata si estendeva per un centinaio di metri quadrati. Essa fu opportunamente spianata per ottenere una superficie di calpestio orizzontale, sulla quale insistono, leggermente infossati, i focolari più antichi, cioè buche circolari con livelli di ceneri e carboni, accanto a buche di palo e accumuli di ossa, manufatti di selce o d’osso, carboni. Sei focolari alla base dello strato A2 occupano la zona centrale dell’area antistante la grotta e dell’area atriale. Quello più ampio (S10) è costituito da una buca circolare, col fondo arrossato dal calore, riempita da cenere e da un livello di carboni, e circondata da grandi lastre di pietra, vicino a quattro buche di palo.

Ai numerosi resti di pasto, rappresentati da ossa di mammiferi e di uccelli, si associano decine di migliaia di manufatti di selce. La loro distribuzione areale suggerisce che nell’area abitata vi fossero settori utilizzati per attività specifiche. Gli scarti sono distribuiti presso la parete rocciosa, mentre i prodotti di prima scelta si trovano in prossimità del focolare S10. Il trattamento delle pelli e le operazioni che comportavano incisioni di osso o pietra venivano realizzati prevalentemente in altre zone. Le punte utilizzate per armare giavellotti e probabilmente frecce sono più frequenti attorno ai focolari S10, S14, S16 e S17, mentre le lamelle inserite in serie in supporti di legno per ottenere lame e seghe sono più frequenti nell’area esterna, tra i focolari S10 e S17. Molto significativi anche gli attrezzi ricavati da materie di origine animale, come l’osso e il palco dei cervi. Fumane ha dato alcune punte ricavate da palco di cervo, di un tipo molto caratteristico: si tratta delle punte a base fenduta, diffuse nell’Aurignaziano in tutta l’Europa. Inoltre spatole, punteruoli, aghi.

Il deposito aurignaziano ha dato anche un buon numero di oggetti ornamentali, si tratta di quattro incisivi di cervo con solcatura alla radice e di conchiglie marine raccolte lungo le coste mediterranee e trasportate nel sito. È inoltre presente una costa di piccolo erbivoro decorata con due serie di tacche trasversali disposte lungo i bordi.

Oltre a questi reperti, sono venuti in luce cinque frammenti di roccia, staccatisi dalla volta, dipinti con ocra rossa. Un primo frammento, ritrovato sotto l’arcone d’ingresso, presenta su una faccia la sagoma di un animale, forse un felino. Un secondo frammento mostra la sagoma di un antropomorfo, simile alle figure composite dell’arte paleolitica interpretate come stregoni o sciamani. In seguito sono venuti in luce altri frammenti, su 3 di questi si distinguono rispettivamente un motivo di dubbia interpretazione, uno ad anello e uno incompleto. Nell’ambito della produzione artistica, le più importanti grotte dipinte in età paleolitica non vennero mai utilizzate come luoghi d’abitato, ma furono utilizzate come luogo di iniziazione e di culto: la loro realizzazione richiedeva quindi l’intervento di artisti qualificati. Le pitture di Fumane erano invece funzionali all’abitato aurignaziano, collocato sotto di esse.

Livelli abitativi uluzziani

Nel settore atriale della cavità, gli strati uluzziani A3 e A4 hanno restituito focolari e altre strutture di abitato.
Lo strato A4 non è così ricco di testimonianze come lo strato A3. Solo una struttura, caratterizzata da una concentrazione di carboni, fornisce qualche evidenza del più antico insediamento uluzziano. In associazione ad essa sono stati rinvenuti industria litica, resti ossei e un coltello a dorso.
Molto più consistenti sono invece i resti del più recente insediamento uluzziano, nello strato A3. Nella zona centrale riparata dalla volta attuale della galleria A, la rpima sulla sinistra, sono state portate alla luce varie strutture, alcune riferibili ad attività di combustione, altre ad attività di scarico. Le più interessanti sono due strutture, denominate A3SI e A3SIV. La prima è un livello a carboni circolare, con rare ossa bruciate, che sormonta un orizzonte di sedimento arrossato dal calore. Negli immediati intorni si localizzano schegge e resti ossei, con stato di conservazione fresco, posizione orizzontale o comunque concordante con l’interfaccia. La seconda è una concentrazione di materiali, prevalentemente selci, alloggiata in una modesta depressione subcircolare. Ai manufatti litici erano sono associati vari carboni e rari frammenti ossei, di cui uno combusto. Viene interpretata come rifiutaia.
L’economia alimentare degli uluzziani prevedeva l’apporto di carne di erbivori, anche se non mancano indicazioni di predazione nei confronti dei carnivori. La caccia era incentrata sul cervo e lo stambecco, ma anche sul megacero, il capriolo, il bisonte e il camoscio. Anche il lupo, la volpe e l’orso bruno mostrano evidenze di sfruttamento. La predazione riguardava tutte le classi di età del cervo e lo stambecco adulto.
La scheggiatura della selce mirava ad ottenere schegge, ma anche schegge allungate e lame poi trasformate in bulini, grattatoi, raschiatoi, denticolati e pezzi “scagliati”, strumenti questi ultimi utilizzati come scalpelli per aprire le ossa degli animali cacciati. Caratteristici sono i pezzi a dorso curvo, ottenuti abbattendo uno dei bordi della scheggia in modo da irrobustirlo, mentre l’altro era lasciato tagliente.

Livelli abitativi musteriani

Seppure siano stati indagati su superfici limitate, i numerosi livelli archeologici che scandiscono le porzioni media ed inferiore della successione stratigrafica di Fumane costituiscono una ricca fonte di informazioni utili allo studio della cultura e del modo di vita dell’Uomo di Neandertal. Essi hanno restituito decine di migliaia di manufatti litici e di resti faunistici associati, in qualche unità, a suoli d’abitato in ottimo stato di conservazione. Dei vari livelli, alcuni appaiono più importanti degli altri. Lo strato BR11, ricco di reperti, conteneva ossa ancora connesse tra loro degli arti di stambecchi e cervi macellati sul posto. Uno degli strati più antichi, denominato S9, ha restituito una colonna vertebrale di stambecco e varie schegge e raschiatoi. Straordinariamente conservati sono anche i resti dei focolari rinvenuti in quasi tutti i livelli ma soprattutto nello strato BR6, dove ne sono stati contati nove attorniati da schegge, raschiatoi e ossa di erbivori. Da segnalare anche il livello A5, che conteneva un focolare attorniato da pietre (riprodotto in resina ed esposto nella grotta). Infine, risalendo la sequenza, si incontrano gli strati da A11 a A5, noti per il loro abbondante contenuto in ossa di mammiferi ed uccelli appartenenti a una fauna ricca e varia. La caccia, infatti, era diretta soprattutto a cervi e stambecchi, prevalentemente giovani-adulti e adulti, ma riguardava anche caprioli, megaceri, camosci e bisonti, più raramente cavalli e cinghiali. Sono rappresentati anche i carnivori: rara la iena, presenti orso bruno e orso speleo, abbastanza comuni il lupo e la volpe. Tra i resti di uccelli si segnalano il fagiano di monte, il re di quaglie e il gracchio alpino.
L’intensità dell’occupazione neandertaliana è testimoniata anche dall’abbondante numero di ossa fratturate intenzionalmente allo scopo di recuperarne il midollo. Su molte di queste sono visibili le strie lasciate dalla scheggia di selce utilizzata per macellare l’animale, cioè scuoiarlo, disarticolarlo e staccarne la carne. Schegge di osso potevano essere recuperate per utilizzarle come ritoccatori, cioè per percuotere il bordo delle schegge di selce e trasformarle in raschiatoi.
Estremamente interessante è la variabilità nei metodi di scheggiatura della selce, nella tipologia e nelle dimensioni degli strumenti. Nelle unità inferiori, dalla più antica (S9) fino a BR7, l’unico metodo utilizzato era quello Levallois, che permetteva di ottenere schegge rettangolari o triangolari dotate di margini regolari e taglienti, la cui trasformazione in raschiatoi, punte e denticolati avveniva per mezzo del ritocco utilizzando schegge d’osso o ciottoli di pietra; da sottolineare tra gli strumenti la presenza di rari bifacciali nella porzione intermedia della serie. Un’importante cambiamento si registra tra le unità BR6 e BR4, dove compare il Musteriano Quina: ne sono caratteristici i grandi raschiatoi laterali e trasversali convessi. Il metodo Levallois ricompare nell’unità A11 e domina la produzione litica fino a A10, mostrando forti analogie sia per quanto riguarda le varietà di selci utilizzate, che per la tipologia degli strumenti. Viceversa, l’unità A9 mostra un’ulteriore modificazione tecnologica legata all’applicazione del metodo di scheggiatura Discoide per produrre schegge corte e spesse. Lo studio di questi manufatti sta rivelando la loro efficacia nel lavorare legno o pelle umida o secca. Nell’unità soprastante, al di sopra di un livello sterile, le ultime fasi di occupazione neandertaliana della cavità (strati A6 e A5) presentano nuovamente una dominanza della scheggiatura Levallois.
La grotta, perciò, è stata sede di accampamenti di diverso tipo e di diversa durata. Si ha modo di pensare che durante i massimi raffreddamenti climatici (es. strati da BR10 a BR1), i gruppi neandertaliani fossero meno numerosi e si recassero in queste zone solo per brevi battute di caccia, mentre in altri momenti, quando il clima era più favorevole e le montagne dei Lessini offrivano maggiori risorse (es. strati da A11 a A5), il gruppo fosse più numeroso e frequentasse questa zona per un’intera stagione o più.