Stratigrafia e significato paleoclimatico

I ripari sottoroccia e le grotte possono registrare, attraverso i sedimenti che le riempiono, la traccia dei mutamenti climatici e ambientali. È anche il caso della Grotta di Fumane, i cui depositi costituiscono una importante fonte di informazioni per ricostruire le modificazioni dell’ambiente dei Lessini durante l’ultima glaciazione. I numerosi strati, le loro caratteristiche e il loro contenuto paleontologico, scandiscono infatti gli eventi climatici che si sono manifestati in un intervallo temporale di oltre 90.000 anni, includendovi la fine dell’ultimo Interglaciale e attraversando il Primo Pleniglaciale, l’Interpleniglaciale e il II Pleniglaciale, con vari passaggi da climi temperati a freddo-aridi. Per l’intera successione si dispone inoltre di date effettuate con i metodi della termoluminescenza e del radiocarbonio.

Alla formazione del deposito stratificato di circa 12 metri di spessore hanno contribuito diversi tipi di sedimenti: sabbie, polveri, piccoli frammenti spigolosi e massi rocciosi più grandi caduti dalla volta e dalle pareti della grotta. Le sabbie derivano dalla corrosione della roccia in cui è scavata la grotta, che ha determinato la concentrazione di cristalli di dolomite. Le polveri sono state invece sollevate e trasportate dal vento nelle piane con scarsa vegetazione arborea in condizioni di clima freddo e arido. Infine, i cicli di gelo-disgelo hanno provocato l’allargamento delle fessure della roccia determinando il distacco di schegge formano le brecce. Il deposito si suddivide in quattro macro-unità stratigrafiche, definite sulla base delle caratteristiche litologiche o del contenuto di materiali di apporto antropico. Al di sopra di un accumulo di sabbie dolomitiche residuali, sormontato a sua volta da una breccia con grandi massi parzialmente alterati, si riconoscono verso l’alto:
– la macro-unità S, costituita da prevalenti sabbie dolomitiche colluviali miste a pietre calcaree, che si articola in una serie di strati tabulari, alcuni dei quali contengono contengono strutture di combustione e centinaia di manufatti in selce musteriani e di resti ossei animali;
– la macro-unità BR, che marca un netto cambiamento litologico rispetto alla precedente, dovuto alla scomparsa delle sabbie e alla massiccia presenza di limo eolico (loess) misto a brecce calcaree di origine crioclastica. Ad esclusione del suolo d’abitato dello strato BR11, l’antropizzazione musteriana è, nel complesso, meno intensa;
– la macro-unità A, litologicamente non molto differenziata rispetto alla precedente, che si caratterizza soprattutto per l’elevata antropizzazione dei sedimenti;
– la macro-unità D, che chiude al tetto la sequenza obliterando le gallerie superiori mascherandole all’esterno. La sua origine è imputabile principalmente ad eventi franosi e al riassestamento dei detriti avvenuti tra l’Interpleniglaciale e il II Pleniglaciale. L’antropizzazione è ancora marcata nelle unità di base (D3) e diventa sporadica superiormente (D1d).

processi-formazione-fumane

Tutte le unità hanno restituito abbondanti resti di mammiferi. Tra gli ungulati, che rappresentano prevalentemente le prede dei cacciatori, sono più frequenti il cervo, lo stambecco e il capriolo, meno frequenti il camoscio e il bisonte. Sono presenti anche resti di megacero, un grosso cervide con palchi enormi, attualmente estinto. Molto rari il cinghiale e il cavallo, i cui resti provengono esclusivamente dagli strati più profondi. Tra i carnivori sono presenti l’orso bruno e l’orso speleo. Abbastanza comuni sono il lupo, la iena e la volpe. Tra i mustelidi è di particolare interesse il ghiottone, di ambiente marcatamente freddo, che attualmente vive nella taiga e nella tundra siberiane, e sono segnalati la martora, la puzzola, l’ermellino e la donnola. I felidi sono presenti con gatto selvatico, lince, leone e leopardo. Tra i mammiferi sono ben rappresentati anche la lepre alpina e la marmotta, e sporadicamente il castoro.

Il complesso faunistico comprende anche 47 specie di uccelli, tra le quali sono più frequenti il fagiano di monte, il re di quaglie e il gracchio alpino. Ad essi sono associate anche alcune specie di ambiente acquatico quali anatre e tringhe, ma gli uccelli più frequenti sono quelli di ambiente silvano, roccioso, e di prateria alpina.